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Un passaggio quasi primaverile da “Le verità apparenti”

Un passaggio “quasi primaverile” da “Le verità apparenti”

La primavera occhieggiava, insinuandosi con grazia oltre la linea di frontiera delle ultime giornate invernali…

Mabili fermò l’auto sul ciglio del viottolo sterrato, sotto le fronde di un ulivo secolare; e lì scendemmo, montammo sulle bici iniziando a pedalare affiancati l’uno all’altra lungo il margine del sentiero, al di sotto di un cielo azzurro invaso da nuvole bianche e benevole, immersi nei profumi e nei suoni della campagna, assorbendo effluvi e fruscii di foglie che il vento modulava, componendo inconsapevolmente una sinfonia perfetta.   

Procedemmo respirando a pieni polmoni l’aria incontaminata di quel lembo di mondo che, dischiudendosi mentre avanzavamo, sembrava prendere forma solo per noi: scavalcammo muretti a secco, superammo terreni paludosi e cancelli inutili, schivando le pozzanghere che, come specchi bruniti, riflettevano brandelli di cielo, sempre sotto lo sprone del vento che a tratti ci travolgeva con folate impetuose. Attraversammo lievi pendii cespugliosi scambiandoci sorrisi eloquenti, contemplando compiaciuti il paesaggio, zigzagando lungo i viottoli tra gli uliveti, gli aranceti, tra i mandorli e i peschi appena fioriti, assaporando la solitudine e la quiete che ci circondava, blanditi da quell’accenno di sole primaverile che ci regalava una sorta di ebbrezza stordita.

Quella generosa carezza della natura seppe per un po’ allontanare da me i pensieri cupi che mi assillavano ogni giorno.