“Sindrome della Capanna”, ovvero, la paura del ritorno alla normalità
Il disagio di uscire dalla quarantena
di Adriana Ostuni
Ammettiamolo: cambiare può fare paura, e ciò soprattutto se si pensa al forte disorientamento subito, dovuto allo stile di vita praticato in questi ultimi mesi, in seguito alle misure restrittive imposte dal lockdown.
Se infatti non è stato semplice adattarci a vivere quasi esclusivamente nel nostro ambiente domestico, abituarci a lavorare e a studiare da casa per via telematica, a frequentare i nostri cari e gli amici attraverso le videocall, ad avere a che fare con mascherine, guanti e sanificazioni, a subire i bombardamenti dei media riguardo a notizie molto spesso contrastanti, sta risultando ancora più complesso riprendere le redini della vita di sempre, grazie al progressivo allentamento delle prescrizioni applicate durante l’emergenza covid-19.
Gli esperti chiamano questo disagio legato all’idea di tornare nel mondo esterno “Sindrome da Capanna”, un’ansia tutto sommato comprensibile, se si pensa che per mesi abbiamo percepito il nido domestico come un qualcosa che ci ha protetto dallo spauracchio di un virus insidioso, che poteva colpire chiunque e ovunque. Ma adesso che finalmente si può ricominciare a riprendere la vita di un tempo, il clima che ci circonda è colmo di incertezze e di timori, la realtà fuori è avvertita come ansiogena, e ciò induce molte persone a preferire di restare in casa, evitando gli incontri con gli altri, innescando situazioni di autoisolamento.
A tutto ciò va aggiunto che ci sono individui che non hanno vissuto la quarantena come una prigionia e che, protetti tra le quattro mura di casa, hanno riscoperto interessi accantonati, rispolverato libri, hanno potuto dedicare più tempo alla propria famiglia, e ritagliarsi del tempo per se stessi, inaugurando una nuova routine, per certi versi gratificante. Anche per loro la ripresa delle abitudini di un tempo può risultare faticosa.
Secondo gli psicologi, questo disagio, che colpisce un grande numero di persone, è del tutto nella norma, giustificato anche dalla paura più che legittima di essere contagiati e, successivamente, di contagiare i propri cari, posto che il virus non è stato ancora debellato. Un malessere alimentato, inoltre, dalle preoccupazioni dovute alla ripresa degli obblighi sociali e lavorativi che segnano il futuro di ognuno.
Per superare le apprensioni dovute al ritorno ai ritmi frenetici della vita normale, la parola chiave, allora – dicono gli esperti – è gradualità. Ognuno dovrà fare tutto in base ai suoi tempi, con calma. L’importante è procedere a piccoli passi, iniziando dalla ripresa delle attività più semplici, riprendendo a frequentare le persone più care, con cui si hanno più affinità, assicurando ciascuno un vicendevole sostegno all’altro nel cammino graduale verso la normalità, per tornare a condividere spazi ed esperienze di vita comuni, magari con la certezza di aver acquisito maggiori consapevolezze sui propri reali desideri e bisogni. Con l’obiettivo, nell’attesa del ritorno agli abbracci, di tornare a sperimentare insieme agli altri che il mondo esterno non è sempre una minaccia da cui tenersi al riparo.