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Riflessioni Urbane

Appena terminata la lettura di “Riflessioni urbane – immagini e poesie di Luigi Casale”, un’interessante opera che integra in una sintesi brillante il linguaggio poetico con quello iconico.

Le poesie, tutte accattivanti e originali,  sono connotate da un fondo di pessimismo, uno stato d’animo generato dallo spaesamento dovuto alla eccessiva, spesso sconsiderata antropizzazione del territorio. Una situazione, questa, che suscita nell’autore senso di impotenza, di disagio, di disorientamento, di precarietà. Nei casi più estremi, inquietudine e disperazione, sentimenti anche giustificati dal percepire se stesso ingabbiato in una sorta di paesaggio urbano che allontana dalla natura e dalla relazione con l’altro, rendendo difficile il contatto con i propri simili. Diviene di conseguenza complesso sentire ed alimentare benessere, in un contesto così artificioso, a volte persino degradato, che infrange equilibri vitali, che rende ardua la sopravvivenza stessa, soprattutto se si pensa alle condizioni di molte aree periferiche.

Dal punto di vista stilistico, il lessico dei componimenti aderisce perfettamente ai suoi contenuti. La parola, spesso affilata, implacabile, diviene scultorea, e acquista una tridimensionalità che rende più vividi e profondi significati e significanti, creando una sintonia perfetta con le immagini: opere pittoriche ricche di dettagli, di tratti e di toni cromatici che raccontano efficacemente la spersonalizzazione, lo straniamento e l’inquietudine derivanti da uno sviluppo urbanistico teso al progresso ma eccessivamente denso, accelerato, caotico, persino ridondante.

Il messaggio complessivo dell’opera che utilizza i differenti canali espressivi e comunicativi, specificamente,  quello poetico e quello iconico, è chiaro, univoco: un invito a ritrovare nel contesto urbano una dimensione umana che, attraverso una idonea riqualificazione del territorio, assicuri e garantisca un armonioso equilibrio tra elementi naturali e antropici. Un appello, dunque,  alla famosa lezione di Peppino Impastato relativa al valore della bellezza, quale antidoto per contrastare lo scempio  provocato dalle operazioni speculative che creano “orrendi palazzi all’improvviso, con tutto il loro squallore…”.

Perché, in definitiva, quando l’uomo perde la dimensione valoriale del bello e il contatto con la natura rischia di perdere una parte sostanziale delle proprie radici, della propria identità, se non addirittura se stesso.