Progetto P.A.C.E.: oltre la diversità, il luogo dell’incontro e dell’accoglienza
Non risulta essere una novità per chiunque abbia avuto il privilegio e la fortuna di incontrare suor Rosalba Facecchia, della Congregazione delle Adoratrici del Sangue di Cristo, il dato che in più di un’occasione lei abbia dimostrato di essere un vero e proprio catalizzatore vivente, capace di realizzare circoli virtuosi di crescita umana, sociale e spirituale grazie al suo innato carisma, al suo spirito vitale, alla sua energia positiva e propositiva, nonché alla profonda carica spirituale e all’umanità che la contraddistinguono: virtù che potremmo sintetizzare con l’espressione, “amore incondizionato per la vita, per il mondo e per tutte le sue creature”. A riconferma di quanto appena asserito, l’ultima esperienza realizzata a Turi, in provincia di Bari, all’indomani del suo trasferimento dalla ex sede di San Giovanni Rotondo, nell’ambito di un progetto da lei ideato e promosso per poi essere realizzato in equipe con i gruppi parrocchiali, gli educatori e i volontari del territorio, reso operativo nell’ottobre del 2022, a beneficio delle famiglie straniere di migranti e rifugiati residenti nel comune di Turi, di tutti i minori con particolari bisogni educativi presenti nella Comunità Parrocchiale “San Giovanni Battista” dove operano le Adoratrici del Sangue di Cristo. Un progetto che si concluderà il 29 aprile prossimo, con la presentazione di un saggio-sintesi, dimostrativo delle abilità acquisite, a cura dei piccoli partecipanti stranieri.Si evince da subito l’intento edificante e altamente encomiabile dell’iniziativa: una proposta culturale finalizzata a promuovere la vita e la dignità di famiglie, donne e bambini, a beneficio, dunque, di una fascia di popolazione economicamente e affettivamente svantaggiata, emarginata a causa della guerra, allo scopo di favorirne l’integrazione nella comunità civile. P.A.C.E., nome del Progetto e acronimo di Per Accogliere: Cuore ed Educazione, nasce infatti dalla volontà di offrire assistenza allo studio ai bambini stranieri dai 6 agli 11 anni, frequentanti la scuola primaria, già residenti nel comune di Turi, attraverso l’attivazione del doposcuola pomeridiano, integrato da un laboratorio di arti grafiche e pittoriche mirato a promuovere percorsi “espressivi” volti a dare forma alle emozioni e ad alimentare la creatività, nonché attraverso l’organizzazione, nel corso dell’anno, di momenti ludici legati al canto, alla danza, alla musica, e di uscite didattiche per migliorare la conoscenza del territorio ed educare al rispetto dell’ambiente e della cultura storica. Attività integrate che, snodatesi nel corso dell’anno scolastico, hanno effettivamente favorito percorsi di interculturalità, inserimento e integrazione, garantendo una reale apertura alla diversità, allo scopo di rispondere a un bisogno di inclusione scolastica e sociale. Il tutto, con il supporto della Parrocchia e grazie all’amorevole intervento delle Suore Adoratrici nel ruolo di mediatrici del dialogo tra le famiglie e la scuola.È evidente, infatti, come alcuni aspetti psicologici legati alla possibile condizione di svantaggio socio-economico, linguistico e culturale dei bambini stranieri, laddove non colmato, avrebbe potuto riversarsi in difficoltà scolastiche e sociali, quali, ad esempio, la difficoltà da parte dei piccoli a comprendere la lingua, la paura sociale di essere considerati come estranei, il terrore di essere giudicati, la preoccupazione per le proprie capacità linguistiche e il timore che gli altri potessero essere più capaci e abili. Il tutto complicato dalla difficoltà di doversi identificare sia con il proprio gruppo di origine che con quello nuovo, presente nel contesto di arrivo: problematicità potenzialmente produttive di problemi psicologici e comportamentali.Aver ricevuto un supporto sociale e scolastico amorevole e attento, mirato a recuperare gli oggettivi svantaggi, ha invece aiutato i bambini migranti in questa loro transizione di vita. E questo grazie alla sensibilità e alle premure degli educatori, degli insegnanti, dei volontari che hanno prestato il loro tempo e le loro competenze, all’impegno con cui tutti si sono dedicati e prodigati per allestimento degli ambienti e per la cura e il reperimento del materiale ludico-didattico messo a disposizione dei bambini, con una continua e costante attenzione a questi aspetti per cercare di creare un ambiente positivo e stimolante a loro beneficio, atto a favorire l’apprendimento, il coinvolgimento e una situazione di generale benessere psicofisico. In un contesto sociale ormai caratterizzato da una molteplicità di culture, in una società che continua a plasmarsi e configurarsi sempre più come multietnica, l’intento interculturale che si è brillantemente concretizzato attraverso il Progetto P.A.C.E. ha così condotto oltre le singole identità, verso un orizzonte di vita, di relazione e di scambio costruito sull’incontro e sul rispetto delle differenze e del loro intrinseco valore, facendo leva sulla vocazione all’accoglienza e all’inclusione, profilandosi soprattutto alla luce degli avvenimenti degli ultimi tempi, dalla pandemia al conflitto in Ucraina, andando a ribadire, con i suoi encomiabili intenti e contenuti, che, accanto ai confini esistono le frontiere, vale a dire, i luoghi dell’incontro e dell’accoglienza. Un progetto che ha trovato la propria collocazione e motivazione proprio là dove è stato gettato un ponte e piantato un seme, quello della solidarietà, grazie al buon cuore, alla mente visionaria e alla tenacia di Suor Rosalba e di tutti coloro che si sono attivati per la sua effettiva realizzazione. Una iniziativa lodevole, da prendere a modello, suggellata dall’entusiasmo, dai successi e dai progressi conseguiti dai suoi piccoli fruitori, che ha trovato la sua essenza e autenticità nei valori della vicinanza all’altro, della convivenza pacifica e della solidarietà, nel concetto di confine che diventa frontiera, “filtro” che rifiuta le logiche di appartenenza e di stanzialità, che travalica nazionalismi e integralismi, che supera particolarismi e marginalità promuovendo, in una società in continuo divenire, la cultura dell’accoglienza e del bene comune.