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Le verita’ apparenti, romanzo-veicolo all’educazione all’affettività

In un periodo storico tumultuoso, di rapporti feriti tra uomini e donne, in un contesto sociale molto spesso dominato dalla violenza fisica e psicologica nelle relazioni con l’altro, parlare di dipendenza affettiva patologica può divenire un’utile linea di demarcazione per tracciare il confine, spesso labile e non facilmente identificabile, tra “amore sano” e “amore malato”. Questo l’obiettivo di fondo del mio romanzo, Le verità apparenti, WIP Edizioni, accorata ricostruzione di un percorso relazionale di coppia che non tarda a trasformarsi da idilliaco e passionale a impervio e conflittuale, peraltro, anziché sanato, esacerbato dalla nascita di una figlia. Una storia contemporanea, ambientata in una Bari ritratta in chiaroscuro, e basata sulla contrapposizione tra verità e finzioni, luci e ombre, a cui fa da sfondo il tema dell’immigrazione e dell’integrazione sociale.

Tematica centrale è, dunque, il rapporto di coppia disfunzionale, una condizione relazionale negativa, caratterizzata da una assenza cronica di reciprocità nella vitaaffettiva e nelle sue manifestazioni all’interno della coppia, che tende a creare nei cosiddetti “donatori d’amore a senso unico” malessere psicologico e fisico piuttosto che benessere e serenità, con conseguenze spesso anche devastanti, come avviene nel caso dei due protagonisti del romanzo: Alessia, nel ruolo di vittima e Fabrizio, in quello del prevaricatore.

Una tematica scottante che peraltro ho già affrontato, sebbene sotto diverse prospettive, anche nel mio libro d’esordio, “Apollo nel caos”, operando una insolita inversione di ruoli, attribuendo all’uomo il ruolo di “parte soccombente”, alla donna quello di “aggressore” in un rapporto malsano.

Evidente è il parallelismo con i casi della vita reale, di cui purtroppo la cronaca ci aggiorna con frequenza quasi quotidiana, dinamiche relazionali che coinvolgono un numero sempre maggiore di individui, anche i più giovani, i quali dovrebbero essere resi più consapevoli dei rischi e delle conseguenze dei rapporti “sbagliati” con l’altro sesso.

Credo allora che, accanto alle misure di emergenza, per arginare questa piaga che affligge ormai tante coppie, occorra e sia urgente operare una controffensiva di carattere culturale che restituisca agli uomini e alle donne la consapevolezza dei propri ruoli, nel rispetto delle reciproche differenze identitarie.

Campagne di educazione allo sviluppo affettivo ed emotivo indirizzate in primo luogo ai giovani, ai quali si affidano le speranze di una società migliore, improntate al rispetto di se stessi e degli altri, e che mirino ad aiutare tutti, uomini e donne, a intraprendere quel percorso di autoconsapevolezza che permetta di riappropriarsi della propria identità e dignità, che insegni a comprendere che il destino è nelle proprie mani, che è possibile ribaltarlo a proprio favore, quando si impara a volersi bene, a curarsi per onorare se stessi, rafforzando l’autostima. In definitiva, a saper dire “mi amo” prima ancora che “ti amo”.

Campagne che puntino a distinguere l’amore da ciò che non è, a far comprendere, cioè, che l’amore consiste nel dare ma anche nel ricevere, nel tracciare confini sani, nel saper trovare un equilibrio tra lo stare bene individualmente e insieme all’altro. Perché l’amore rende liberi, non schiavi, e c’è bellezza solo quando fluisce nella libertà; che la libertà è condizione imprescindibile in qualsiasi forma di relazione, essendo il bene più prezioso che abbiamo e che, pertanto, non può definirsi amore, ma, al contrario, sua profanazione ogni sentimento o manifestazione che miri a distruggerla.

Ecco perché ritengo che il mio romanzo possa divenire, in contrapposizione, tramite per acquisire consapevolezza di sé e dell’altro, orientando a favorire legami di coppia sani e funzionali al proprio e all’altrui benessere psicofisico: un libro da adottare nelle scuole, perché utile strumento di prevenzione, veicolo all’educazione all’affettività.